Tre manifesti a Ebbing

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Manifesti nell’era dei Social Post (mordi e fuggi)

N.B: Recensione orientata alla pubblicità tradizionale.

A metà gennaio, con alcuni amici, sono andato al cinema Settebello di Rimini a vedere Tre manifesti a Ebbing, Missouri.
Il film è coinvolgente e bellissimo: Mildred (la protagonista femminile) si presenta dal concessionario pubblicitario della cittadina in cui vive per affittare tre grandi cartelloni pubblicitari piazzati, uno in fila all’altro, su una delle strade di accesso al paese.
Non per pubblicizzare qualcosa, ma per una sua rivendicazione personale: sette mesi prima, sua figlia adolescente è stata violentata e uccisa, ma la polizia locale è ad un punto morto nelle indagini.

Nelle poche righe che seguono non troverete una recensione del film, anche perché in rete ne trovate molte e sicuramente più interessanti, ma una personale riflessione sulle opportunità offerte dalle affissioni stradali e sul ruolo che queste rivestono in pubblicità, nell’era dei social post “mordi e fuggi”.

Trailer Tre Manifesti a Ebbing

Mentre guardavo il film, ho trovato molto interessante che la protagonista usasse uno spazio fisico e non la rete per sostenere la propria causa, per farsi ascoltare.

Mildred oggi avrebbe potuto investire poche centinaia di euro e ottenere, probabilmente, anche più clamore, utilizzando le diverse piattaforme web e canali social che tutti noi conosciamo.

Mi sono chiesto: come è possibile che un mezzo così “antico” come il manifesto pubblicitario riesca a sopravvivere nell’era dei social media, dei blog e del programmatic.

Chiaramente la mia immaginazione si è allontanata dal contesto del film e mi ha portato ad un articolo letto qualche giorno prima, che riportava alcuni dati Nielsen raccolti negli ultimi anni sugli strumenti pubblicitari di lungo corso. Dal report emergeva chiaramente come, contrariamente alle aspettative, siano moltissime le aziende che includono nei loro media plan l’affissione.

Three Billboards

In Italia, ad esempio, nel 2015 gli investimenti nel Out of Home sono aumentati del 2,2% rispetto all’anno precedente.

Un recente studio della Outdoor Media Centre(OMC) di Londra ha definito questo effetto come resilienza all’avvento del web, e ha individuato il concetto di spazio attivo: il tempo che le persone trascorrono facendo attività fuori casa. In particolare, lo studio dimostra che a un elevato livello di attività fisica corrisponde un elevato livello di attività cerebrale.

Questo è il punto centrale. L’outdoor advertising raggiunge le persone nel momento in cui sono in piena attività. Un esempio concreto?

Immaginate di essere alle prime luci del mattino, avete appena iniziato a correre e sentite solo il rumore dei vostri passi … appena girato l’angolo appare, sopra la vostra testa, un manifesto che raffigura una ragazza ferma ad un semaforo intenta a sistemare i laccetti delle sue ultime Nike da running.

Pensate di non immedesimarvi in quella ragazza? Di non desiderare quelle scarpe?

Sicuramente non rimarrete indifferenti al messaggio e allo stile di vita che quel manifesto e quella strategia pubblicitaria hanno dipinto nel vostro immaginario.

Tornando al Film, che ovviamente tratta un tema diverso e molto più profondo, è interessante come la storia raccontata dal susseguirsi dei tre messaggi scritti sui manifesti occupi uno spazio fisico e si radichi sul territorio in maniera indelebile.

Il messaggio amplifica il dramma e il manifesto segna l’appartenenza allo spazio attivo della città, della madre che si ricorda di aver perso una figlia e di una comunità che dovrà confrontarsi con tutto questo.